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Yoga Retreat Sardegna - Diario 25 maggio 2019

Ci alziamo prima dell'alba per meditare al canto del japa, anche se ieri abbiamo fatto un po' tardi, anche se il tempo è uggioso e le nuvole oscurano temporaneamente il volto della luna, nonostante il freddo mattutino e la rigidità del corpo ancora addormentato.

I canto dei Santi Nomi produce una trasformazione, lenta e irreversibile, della coscienza, attimo dopo attimo. Impostare la giornata su azioni come questa significa predisporsi a fare esperienza del parinama, la trasformazione evolutiva che porta a cogliere l'autentica condizione del Sé, trascendendo il piano del relativo mentre si continua a vivere nel quotidiano.

Dopo colazione, ci rechiamo nello spiazzo circolare in cui siamo ormai soliti meditare al mattino e che per noi oramai rappresenta un luogo abituale di condivisione, amicizia, fratellanza e sostegno. Uno spazio sacro in cui le nostre rispettive differenze, di provenienza geografica, cultura, sesso, età, sono sublimate nell'esperienza del sentire comune che ci rafforza ogni giorno di più e ci fa essere, di tanti, Uno. In questo luogo, a noi così caro, riflettiamo insieme su come lo yoga possa essere considerato, a tutti gli effetti, una scienza della realizzazione del Sé, ossia un procedimento, metodico e rigoroso, attraverso il quale diviene possibile giungere, con sicurezza e precisione, a cogliere la nostra più intima e profonda natura, incorruttibile, sapiente e raggiante di beatitudine. In altre parole, lo yoga è una disciplina dell'Essere nel senso puramente ontologico del termine, come lo intende Parmenide. Un luogo, cioè, in cui risiede tutto ciò che in noi non è soggetto a cambiamento, corruzione, dissoluzione, fonte cristallina e immortale di sat, cit e ananda. Questo luogo esiste e può essere raggiunto, con metodo disciplinato e regolare, con la mediazione di un Maestro autentico, con la nostra presenza attiva e costante.

Pranziamo scambiandoci impressioni, emozioni, sorrisi, carezze, comprensione reciproca. Più tempo condividiamo, maggiori diventano le cose che scopriamo di avere in comune, ogni volta con immutata sorpresa: esperienze di vita, liete e meno liete; ricordi infantili; inclinazioni culinarie; insicurezze e paure; desideri e talenti. Quando chiacchieriamo tutti insieme, produciamo un suono sottile che fa danzare l'anima di chiunque si trovi nelle vicinanze, facendogli desiderare di far parte del nostro "essere uno" nella molteplicità e nell'autonomia.


Nel pomeriggio, il vento profumato della Sardegna e la pioggerellina che lo accompagna fedelmente ci fanno capire che la lezione avrà luogo qui al resort e non, come avevamo previsto, sul suggestivo faraglione a picco sul mare, dove risiedono i gabbiani. Poco male: il desiderio di stare insieme a studiare lo yoga è più importante del dove e del quando farlo.

Dove si pone l'attenzione, le cose emergono. Tutto ciò che noi pensiamo è, vale a dire, esiste in attesa che lo realizziamo, che lo facciamo essere nel mondo. Sia nel bene che nel male. Se scegliamo la via luminosa, quella della realizzazione scientifica del Sé tramite lo yoga, significa che stiamo intraprendendo un percorso in cui l'azione è più importante della sterile teorizzazione, l'esperienza diretta degli insegnamenti spirituali con persone e situazioni reali vale di più dell'apprendimento nozionistico e dogmatico di precetti astratti. Significa uscire dalla comodità dell'abituale e del noto, per tenersi pronti ad onorare l'imprevisto, dono inaspettato dello Spirito che contraddice l'Ego per smussarne le rigidità e permetterci di sviluppare virtù preziose come la volontà, la determinazione, la fede. Significa saltare, come Hanuman, oltre l'oceano, per fidarsi del mondo, degli altri, delle coincidenze significative, dell'Assoluto, e aprirsi, con saggezza, intuizione, fiducia e vigore, alla possibilità di lasciarsi trasmutare in quello che siamo davvero.

In supporto a questo percorso vengono i Nomi Divini, che fungono da catalizzatori e, insieme, da trasduttori dell'energia luminosa che sta alla base di questa nostra progettualità evolutiva, gettando un ponte, solido e resistente, verso la nostra comune natura immortale. Lo yoga dell'azione si sposa quindi con la Bhakti, ma ci fornisce anche la visione interiore. Quest'ultima ci guida nel percorso, quindi lo yoga diventa anche jnana, conoscenza innata mai appresa, disvelata intuitivamente nel libro della vita. Non fare ci rende deboli, impauriti, nullificati. Fare sotto la luce distorcente dell'Ego moltiplica le pareti del labirinto illusorio dal quale sarà sempre più difficile uscire. Agire nel dharma, vale a dire in funzione di un ordine universale e imperituro più grande di noi, che pure è in noi, ha invece il potere di riassestare e armonizzare i frammenti della nostra vita, dal più piccolo dettaglio ad ogni emozione provata, fino a tutte le risorse picofisiche di cui possiamo disporre, facendoci stare finalmente bene, in pace, liberi e al sicuro.

Colui che ricopre la funzione del Maestro, in questo percorso, funge da connettore metafisico tra l'assoluto e il relativo, tra noi e la meta del viaggio. Qualcuno che, comunicando tra le pieghe del pensiero, nel silenzio prezioso e quasi impercettibile che sta tra le parole, sia in grado di ascoltarci, riconoscerci, distinguere prontamente fra il passo falso e quello compiuto nella giusta direzione, correggerci e sostenerci con dolcezza. Qualcuno che ci lascia camminare da soli, standoci accanto per non farci perdere la strada che conduce all'Essere, quindi allo yoga.