Da Rishikesh a Badrinath risalendo l'Alakananda - Diario 23 settembre 2019
Il primo giorno a Rishikesh, la città dei Rishi (i saggi), si apre per alcuni di noi con una meditazione sulle rive del Gange: è impressionante la forza che movimenta le acque di questo sacro fiume, uno dei maggiori simboli dell’India. Le relazioni iniziano a prendere forza nella condivisione fin dal momento della prima colazione. A metà mattina ci rechiamo sulle rive del Gange e ci sediamo in una zona ombreggiata. Il gruppo si riunisce sotto un albero che diventa parte integrante della magica atmosfera della prima lezione, che introduce il tema conduttore del viaggio: la ricerca del senso della vita. Un percorso a tappe, dove le visite ai luoghi e alle sacre confluenze del Gange faranno da sfondo a letture tratte dagli Shastra. Le opere di Vyasadeva, divino compilatore, ci accompagneranno scandendo le fasi salienti dell’esistenza di ogni individuo: nascita, infanzia, età adulta, vecchiaia e morte.
La morte sarà l’argomento che chiuderà questo viaggio alla ricerca del senso della vita. In questa prospettiva si introduce la spiegazione della natura dell’anima e delle sua dimensione di eternità attraverso la lettura di alcuni versi della Bhagavad Gita. Dalla lezione emerge che l’essere umano è sempre alla ricrca della felicità, che si può perseguire con la dedizione alla vita spirituale.
Alla fine della lezione ci immergiamo in un bhajan e alcuni di noi rimangono a meditare sulla riva del Gange. Dopo un lauto pranzo, ci dirigiamo nel pomeriggio nella spiaggia di Rishikesh: la vastità dello spazio è apprezzabile con le imponenti montagne che si stagliano sopra il Gange. Alcune donne e bambini indiani, incuriositi, si avvicinano al nostro gruppo ed ascoltano insieme a noi la lezione, che affronta il tema della bhakti, la devozione, e di come essa sia importante nella vita, la quale, essendo soggetta a repentini cambiamenti con trasformazioni spesso drastiche, mette in crisi gli esseri umani. La bhakti può essere immaginata come una pianticella talmente delicata che può essere strappata, distrutta da un evento esterno. Se la pianticella è protetta, invece, il germoglio diventa una pianta talmente robusta che diventa difficile sradicarla. Secondo gli acarya (maestro che insegna con il proprio esempio) la bhakti ha necessità di tempo per irrobustirsi per cui bisognerebbe proteggerla. Gli acarya hanno quindi suggerito di eliminare eventuali erbacce appena spuntano, poiché esse disturbano lo sviluppo della pianticella. In questo senso tutti i comportamenti suggeriti nel processo dello yoga, yama e niyama, sono propedeutici al processo della bhakti.